Econ. pol. - Locuzione usata per indicare la dottrina e la politica commerciale
che sostiene la libertà degli scambi. Il
l.s. è
espressione, sul piano internazionale, del liberalismo economico, ossia di
quella politica che si oppone a ogni interferenza dello Stato nella sfera dei
rapporti economici. Tale politica si pone in netto contrasto con quella
protezionista e autarchica, ossia dell'integrale autosufficienza economica di un
Paese. Tuttavia, tra questi due poli estremi che, in senso assoluto, non hanno
mai trovato applicazione pratica, si colloca tutta una serie di politiche
liberistiche e di intervento. La politica libero- scambista afferma che il
proprio obiettivo è la
massimizzazione del reddito, sia sul piano
nazionale che su quello internazionale, indicandolo nella realizzazione delle
dimensioni ottime di produzione, ossia nel miglior impiego dei fattori
produttivi e nella conseguente riduzione dei prezzi delle merci al minuto.
Infatti, secondo la dottrina libero- scambista, solo la dimensione
internazionale della produzione, resa possibile dal libero movimento
internazionale delle merci, assicura che in ogni Paese si attui il miglior
sfruttamento delle risorse naturali. Pertanto, se in un Paese una determinata
produzione cessa, non essendo più in grado di competere coi prezzi della
produzione estera, i fattori produttivi, in precedenza impegnati in tale
settore, si trasferiranno ad altri settori di attività aventi
produttività marginali più elevate. Ne consegue, secondo i libero-
scambisti, che l'impiego più proficuo di tali fattori si traduce in un
incremento del reddito nazionale. Pertanto, dato che la mancata mobilità
internazionale delle merci fa si che il reddito nazionale si mantenga a un
livello più basso, rispetto a quello cui potrebbe salire qualora
venissero rimossi gli ostacoli agli scambi internazionali, secondo i sostenitori
del
l.s., lo Stato non dovrebbe intervenire in nessun modo nel settore
del commercio internazionale, ossia "lasciare fare".